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Chi era Ashoka?

Secondo una tradizione buddhista descritta nell'Aśokavadana, la nascita di Aśoka sarebbe stata predetta da Gautama Buddha, nella storia nota come "il dono di polvere". Secondo questa profezia, nella sua precedente vita Aśoka si chiamava Jaya, e da bambino, mentre giocava nel fango, vide passare il Buddha; colto dal desiderio di offrirgli del cibo, gettò nella sua ciotola la polvere con cui stava giocando. Comprendendo l'animo puro che aveva motivato il gesto, il Buddha predisse il suo destino:

«Cento anni dopo la mia morte ci sarà un imperatore di nome Aśoka a Pataliputra. Egli regnerà uno dei quattro continenti e adornerà il Jambudvipa con mie reliquie costruendo ottantaquattromila stupa per il benessere della gente. Egli farà sì che li onorino dei e uomini. La sua fama sarà vastissima. Il suo dono meritorio fu solo questo: Jaya gettò una manciata di polvere nella ciotola del Tathāgata»

(Aśokavadana[1])

Aśoka si reincarnò quindi come figlio di Dharma, una delle spose dell'imperatore Maurya Bindusāra; Dharma non era di sangue reale, ma era stata ugualmente accettata nell'harem perché suo padre, un povero brahmino, aveva predetto che suo figlio sarebbe diventato un grande re[1]. Oltre ad essere figlio della sposa di rango più basso, Aśoka era anche il più giovane dei principi, se si esclude l'altro figlio di Dharma, Vitthaśoka; ciò nonostante, il giovane principe guadagnò il rispetto dei fratellastri per le sue doti nelle discipline militari e accademiche, anche se Susima, il principe ereditario, non si dimostrava da meno né come guerriero né come amministratore.

Quando raggiunse la maggiore età, Aśoka fu messo a capo di diversi reggimenti dell'esercito Maurya e i fratellastri cominciarono a temere la sua sempre maggiore popolarità; su loro consiglio Bindusāra lo inviò nella città di Takṣaśilā, di popolazione greco-battriana e già insorta precedentemente in un paio di occasioni. Grazie alla sua popolarità, Aśoka fu in grado di entrare in città senza scontri e quando una rivolta si presentò non esitò a sopprimerla con l'esercito. Approfittando della sua lontananza, però, i fratellastri convinsero Bindusāra che il giovane principe complottasse contro di lui, e Aśoka fu esiliato.

Aśoka trascorse due anni in esilio, nella regione di Kalinga, dove sposò una donna di nome Kaurwaki, sembra appartenente a una famiglia di pescatori; fu richiamato dal padre quando si rivoltò la città di Ujjain, contro la quale si batté riportandone delle ferite. Fu curato da dei monaci buddhisti e da una donna di nome Devi, appartenente a una famiglia di mercanti, che sposò (aveva forse già sposato anche Asandhimitra, che però non lasciò mai Pataliputra).

 

Quando Bindusāra si ammalò e fu chiaro che non si sarebbe ripreso, un gruppo di ministri ostili a Susima convinse Aśoka a prendere la corona e il giovane principe attaccò Pataliputra uccidendo tutti i suoi fratellastri; le cronache buddhiste insistono molto sulle atrocità da lui commesse, probabilmente per sottolineare i meriti del Buddhismo dopo la sua conversione. Avendo eliminato ogni opposizione, comunque, Aśoka reclamò per sé il titolo di imperatore di Maurya.

Aśoka diede il suo sostegno formale al Buddhismo, e cercò di concretizzarlo organizzando l'invio di missionari nei paesi confinanti, soprattutto in quelli di cultura ellenistica. Prima di far questo, però, sentì la necessità di fare ordine tra le scuole di pensiero buddhiste, assicurandosi così che i missionari predicassero il vero Dharma; a questo scopo convocò nella capitale Pataliputra il terzo Concilio buddhista[4]. Il Concilio cercò di formalizzare il corpus delle scritture buddhiste, giungendo ad una formulazione probabilmente simile al Canone pāli dell'attuale scuola Theravāda, escludendo da questo le tesi, considerate se non eretiche quantomeno estranee all'insegnamento originale del Gautama, delle scuole Sarvāstivāda e Dharmaguptaka[senza fonte]; i missionari furono incaricati di predicare quanto deciso dal Concilio, e vennero inviati negli amichevoli regni ellenistici. Le cronache relative a questi missionari sono state tramandate dagli editti di Aśoka:

«La conquista del Dharma è stata vinta qui, sui confini, e anche a seicento yojana (5.400-9.600 km) di distanza, dove regna il re greco Antioco, e oltre, dove regnano i quattro re di nome Tolomeo, Antigono, Magante e Alessandro, così come nel Sud, tra i Chola, i Pandya, e fino a Tamraparni (Sri Lanka).»

(XIII editto, S. Dhammika)

Da notare che i nomi dei sovrani implicano che i missionari si siano spinti fino a Egitto e Grecia; ancora nel II secolo lo scrittore cristiano Clemente Alessandrino accenna alla presenza di una comunità buddhista ad Alessandria d'Egitto. Inoltre, secondo le cronache pāli, alcuni degli emissari di Aśokaerano monaci buddhisti greci, evidenziando l'esistenza di intensi rapporti tra le due culture:

«Quando il thera (anziano, saggio) Moggaliputta, illuminatore della religione del Conquistatore (Aśoka), pose fine al [terzo] concilio [...] mandò avanti dei thera, uno qui e uno lì: [...] e verso Aparantaka (i "Paesi occidentali", cioè Gujarat e Sindh) mandò lo yona (greco) di nome Dhammarakkhita»

(Mahavamsa XII)

Il motivo di tanta affinità con i regni ellenistici può essere forse ritrovata in una possibile origine parzialmente greca di Aśoka stesso: nel 303 a.C. infatti Seleuco I aveva condotto una alleanza matrimoniale con Chandragupta Maurya, suo nonno.

«Egli (Seleuco) attraversò l'Indo e condusse guerra contro Sandrocotto (Chandragupta), re degli indiani, che abitavano le sponde del fiume, finché non giunsero ad un accordo gli uni con gli altri, e stipularono una relazione matrimoniale»

(Appiano di Alessandria, Storia romana, Guerre siriane, 55)

Poiché non si ha notizia di una regina indiana nel regno seleucide, e d'altra parte l'alleanza matrimoniale era molto più semplice nell'altro verso, grazie alle consuetudini poligamiche indiane, gli storici credono che Chandragupta o Bindusāra, nonno e padre di Aśoka, abbiano sposato una greca ed è quindi possibile che Aśoka fosse a sua volta di origine greca.

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